mercoledì 29 febbraio 2012

LA BASE ESSENZIALE DEL PROFUMO

Un agrume che cresce solo in un fazzoletto di terra calabrese affacciato sullo Jonio, dalla cui essenza nascono i più famosi prodotti della profumeria internazionale e non solo….

È partendo dalla Cina e passando per il Medio Oriente che arance, limoni e cedri giunsero anche in Italia, per andare ad abbellire e profumare i giardini dei nobili e i chiostri dei monasteri, divenendo elemento suggestivo del paesaggio di molte aree costiere e del Sud dell’Italia, inebriando i luoghi di profumi e colori caratteristici. Lo dobbiamo ai viaggiatori del passato che vollero riportare con sé, oltre alle varie mercanzie, anche il ricordo delle fragranze, dei sapori e dell’atmosfera romantica che avevano incontrato e apprezzato in terre lontane.
Per moltissimo tempo gli agrumi furono prevalentemente questo: piante importate e dedicate all’arredo dell’ambiente e al conforto dello spirito.
Solo molto più tardi, poco alla volta, se ne valorizzò l’impiego alimentare, motivo prevalente per cui in Sicilia e in Calabria li troviamo coltivati diffusamente e intensivamente; se nella regione isolana si producono soprattutto arance, limoni e mandarini, la Calabria ha invece il primato della produzione di clementine e delle specie minori. Fra queste c’è un agrume che mantiene le sue antiche e originarie prerogative di pianta non alimentare ma da profumo e proprio per questo è oggi ancora coltivato: il bergamotto.
Esso fa parte del ricco paniere dei prodotti tradizionali e a denominazione di origine protetta della Calabria, come le clementine della Piana di Sibari, la cipolla rossa di Tropea, il peperoncino, la liquirizia e l’olio extravergine d’oliva.
Dalla scorza del frutto di bergamotto si ricava la sua componente aromatica, l’olio essenziale, che trova prevalente impiego come ingrediente universale dei profumi, delle acque di Colonia e più in generale dei prodotti igienici e dei cosmetici, tanto da essere considerata più una pianta officinale aromatica, piuttosto che un agrume da frutto.
Il fascino e la suggestività con cui il bergamotto caratterizza il paesaggio agrario reggino, unica area dell’Italia nella quale è localizzato, sono sostenuti sia dalla sua storia botanica che da quella economica entrambe molto particolari e piuttosto diverse da quelle degli altri agrumi.
Sulla sua origine, leggende e testimonianze storiche si intrecciano e si confondono. Per i calabresi, l’idea che sia stato Cristoforo Colombo a importare il bergamotto dalle Canarie, transitando prima dalla città di Berga in Spagna, da cui dovrebbe derivare il nome della pianta e del frutto, non ha molto fondamento.
Invece diversi documenti storici attestano che gli arabi, occupando la Sicilia intorno all’anno 827, diedero qui impulso fondamentale alla diffusione degli agrumi anche quelli minori.
L’etimologia bergamotto sembra infatti derivare dall’arabo “ beg-àrmodi” che letteralmente significa “signore delle pere”.
Un altro fatto è invece assolutamente incontestato: il bergamotto non è presente in nessun altra parte del mondo, se non in Italia, anzi in Calabria, anzi nel territorio del Reggino.
Californiani, argentini, turchi, tunisini hanno provato ad esportarne la coltivazione, ma non è stato possibile, nonostante tutte le moderne conoscenze agronomiche e tecnologiche. In nessun luogo al di fuori della Calabria ha mai attecchito convenientemente, fruttificando e dando l’olio essenziale.
Una piccola produzione è stata miracolosamente avviata negli anni 60 in Argentina e in Costa d’Avorio, ma ha fornito un prodotto di qualità decisamente deludente, che nemmeno lontanamente assomiglia per limpidezza, aroma e tonalità a quello realizzato in terra calabra, a definitiva testimonianza di come il territorio e l’ambiente siano fondamentali per la definizione della qualità e della tipicità di un prodotto agroalimentare.
Queste evidenze portano decisamente a ritenere che il bergamotto si sia spontaneamente generato in Calabria, per una mutazione genetica gemmaria spontanea del limone o come ibrido naturale tra melangolo e limone.
Economia e mercato
Il bergamotto nasce, vegeta e produce esclusivamente nella parte più meridionale della Calabria, in provincia di Reggio e in prossimità del basso litorale ionico, lungo il tratto da Cannitello fino a Sidereo e Rocella Ionica, sempre su quote altimetriche al di sotto dei 250 metri, con delle zone di alta vocazionalità nei comuni di Reggio Calabria ( circa il 55% della produzione complessiva), Melito, Porto Salvo e Brancaleone.
La produzione calabrese di bergamotto rappresenta il 95% della produzione mondiale dell’olio essenziale che si estrae naturalmente. Attualmente la coltura si espande per circa 1300 ettari coinvolgendo circa 650 aziende. Per la maggior parte, gli impianti sono frazionati in piccole superfici e gestiti con un regime a conduzione famigliare.
Secondo il consorzio del bergamotto, si ottengono ogni anno circa 100 tonnellate di olio essenziale, considerando che sono necessari 200 kg di frutti per avere circa 1 kg di essenza.
Sul mercato l’olio essenziale di bergamotto ha un determinato valore economico ( circa 60 euro al Kg), prezzo  abbastanza giustificato tenendo in considerazione i costi di coltivazione, ma soprattutto quelli di estrazione.
Se tempo fa l’olio essenziale veniva venduto con facilità e senza soddisfare tutta la domanda, ora il mercato fa fatica ad assorbire ciò che viene prodotto stagionalmente. È opinione comune di tutti i produttori che ciò avvenga non perché la domanda di essenza si sia ridotta nel tempo, anzi paradossalmente sembra in costante aumento, ma perché da alcuni anni viene immesso sul mercato prodotto sia di sintesi, sia contraffatto, ma venduto come olio essenziale naturale di bergamotto.

I Produttori alla Riscossa

Il problema principale dei bergamottocoltori è quello di trovare gli strumenti adatti per rendere distinguibile il prodotto veramente naturale da quello invece manipolato e ciò consiste in un percorso di valorizzazione dell’essenza di origine calabrese. Hanno scelto di farlo attraverso due strumenti: il riconoscimento della DOP e la costituzione di strutture organizzate dei produttori per meglio gestire la fase di trasformazione dei frutti e il controllo della commercializzazione dell’olio essenziale, oltre che con iniziative di rinnovo tecnologico.
La DOP “ Bergamotto di Reggio Calabria Olio Essenziale” è stata riconosciuta dall’Unione Europea già nel 2001, anche se solo pochi anni fa, i produttori hanno rafforzato l’istituzione del Consorzio di tutela fondato nel  lontano 1936.
I produttori stessi considerano la DOP uno strumento relativo, in quanto l’olio essenziale di bergamotto non è un prodotto di impiego diretto per il consumatore, come lo sono il vino o l’olio d’oliva, ma è acquistato dall’industria come ingrediente di altri prodotti profumieri, cosmetici e farmaceutici.
Si ritiene però che la DOP, essendo una forma di tutela e di certificazione, possa comunque contribuire ad attestare la genuinità e la completa origine naturale dell’olio essenziale calabrese, anche nei confronti degli acquirenti industriali, poiché ciò implica una forma di tracciabilità obbligatoria che permette di distinguerlo dalle essenze sintetiche o contraffatte.
A completare la filiera del bergamotto, vi è la categoria dei trasformatori, piccoli industriali non coltivatori, che hanno introdotto il processo di estrazione dell’olio dal frutto con impianti specifici ad alta tecnologia.


Stimolante, Antisettico, Antidepressivo. Il suo profumo aumenta la concentrazione e permette grossi sforzi fisici; riduce lo stress e la tensione.
 

L’Estrazione dell’Olio Essenziale

Fino alla metà del 1800, l’estrazione dell’olio essenziale di bergamotto era eseguita a mano: il frutto veniva tagliato in due parti e se ne estraeva la polpa, rimanendo due semisfere cave costituite dalla sola buccia del frutto di bergamotto. Queste venivano premute sullo “spugnato”, una spugna naturale su cui si raccoglieva l’olio essenziale.
Il sistema manuale della “scodella” prevedeva invece l’utilizzo di una scodella di legno piena di chiodi, che l’agricoltore teneva sulle ginocchia e contro la quale passava i frutti. I chiodi striavano la scorza facendo uscire l’essenza. L’operazione era lunga e delicata, la resa scarsa, ma la qualità del prodotto ottima.
L’industrializzazione del processo estrattivo iniziò nel 1840, quando Nicola Barillà mise a punto la “macchina calabrese”, a seguito di un concorso bandito dall’allora governo delle due Sicilie, finalizzato a “… l’invenzione di strumenti atti a facilitare l’estrazione dell’essenza del bergamotto”.
La macchina riproduceva il processo manuale descritto, ma con efficacia e accellerandolo. Oggi l’estrazione è effettuata con macchine tecnologicamente evolute, le “pelatrici”, costituite da rulli attraverso i quali si fa passare la buccia del frutto e con una “pioggia d’acqua” viene recuperato l’olio essenziale, per poi essere filtrato e separato dall’acqua e dai residui attraverso centrifugazione.
L’olio essenziale di bergamotto è di colore limpido, con riflessi verdi-gialli, di profumo fresco, forte e ha un sapore amaro. È costituito da circa 350 componenti aromatici, principali responsabili delle caratteristiche stimolanti e antidepressive dell’olio.
Dal succo, che è troppo acido per un uso alimentare, si può ricavare acido citrico per le bevande o l’industria chimica, mentre dai residui di lavorazione si possono ottenere cellulosa e pectine, oppure, insilati per la preparazione di mangimi naturali per vacche, capre e pecore.
Profumo o Farmaco?
L’olio essenziale di bergamotto viene acquistato prevalentemente dall’industria profumiera, specialmente quella francese, come ingrediente aromatico nella formulazione dei profumi e delle acque di Colonia.
L’acqua di Colonia è stata inventata e ufficialmente brevettata nel 1704 da Giovanni Paolo Feminis, un mercante italiano stabilitosi nella città di Colonia, che conobbe il bergamotto durante un viaggio in Calabria.
Giovanni Maria Farina contribuì a sua volta alla diffusione del prodotto, cominciandolo a venderlo come “ acqua mirabilis”, da utilizzarsi per curare dolori di pancia, di denti, ulcere, ferite e febbre.
La preparazione di acqua di Colonia è molto semplice: si tratta di una soluzione alcolica filtrata di oli essenziali di bergamotto, fiori d’arancio, rosmarino e cedro.
I produttori calabresi sono però convinti che lo sviluppo dell’economia del bergamotto passi attraverso la valorizzazione e la diversificazione degli impieghi dell’olio essenziale, che oggi interessa anche l’industria farmaceutica e chimica.
Anche, l’industria alimentare, liquoristica e dei dolciumi sta sviluppando l’impiego del bergamotto per oli e aceti aromatizzati da condimento, per gelati e cioccolato.
Alcuni di questi impieghi hanno un importanza particolare per i produttori agricoli di bergamotto perché, essendo alcuni prodotti trasformabili direttamente in azienda agricola, permettono loro di riappropriarsi di una materia prima che oggi viene giocoforza sfruttata solo da pochi soggetti industriali.

Approfondimenti:
Consorzio del Bergamotto
 Citrus Bergamia Risso 

La Loggia delle Ricette

Si inaugura il ricettario del Blog :)
La Loggia delle Ricette è uno spazio dedicato del blog dove potete chiedere informazioni o semplicemente richiedere qualche vostro sfizio culinario.
Potete arrichire questo spazio con vostri commenti o perchè no con vostre ricette di qualsiasi genere.
Uno spazio a voi dedicato completamente.
Ogni volta che verrà pubblicata una ricetta sulla home page verrà elencata nella Loggia delle Ricette.

Buon divertimento a tutti.

lunedì 27 febbraio 2012

Mangiare è un Rito

Il cibo nasconde simboli antichissimi e significati sociali. Per questo nozze, compleanni e persino funerali si celebrano con solenni scorpacciate.

Mangiare è molto di più che nutrire il corpo. Proprio perchè senza alimentazione non c'è vita e poichè anche dal cibo dipende la nostra salute; a questo aspetto quotidiano e in apparenza banale del comportamento si sono attribuiti da sempre significati simbolici.
Da quelli religiosi, fino a quelli legati al sesso: l'offerta del cibo tra uomo e donna, per esempio, simboleggia l'attrazione erotica.

Civiltà in cucina

Del resto per storici e antropologi lo sviluppo stesso della civiltà si deve alla scoperta della cottura e alla nascita dell'agricoltura e dell'allevamento. Come spiega il professor Montanari ( tra i maggiori esperti di storia e cultura dell'alimentazione), significati simbolici e sociali hanno accompagnato fino ad oggi gusti alimentari, tradizioni gastronomiche e abitudini a tavola.

Nel corso della storia ad alcuni cibi ( il sale, l'olio e il pane) si è attribuito un grande significato simbolico. Perchè?

I simboli alimentari hanno un rapporto con la materialità dei cibi.
Il sale era simbolo di incorruttibilità e fedeltà perchè la sua azione concreta è quella di conservare i cibi prosciugandoli. In oltre fin dall'antichità, nell'area mediterranea il pane, il vino e l'olio erano simboli dell'uomoche "piega" l'ambiente: si tratta infatti di alimenti che non si trovano in natura, sono frutto di una civiltà tecnologica. Il simbolismo di questi simboli fu ripreso dal cristianesimo, che li mise al centro dei suo riti.

Antropologi e studiosi delle religioni hanno mostrato come, in passato, i riti funebri fossero accompagnati da ricchi banchetti. Perchè il cibo, fonte di vita, è associato alla morte?

Solo l'occidente contemporaneo separa nettamente vita e morte. In altre culture e in epoche passate, per esempio nel Medioevo, il rapporto dell'esistenza di questi aspetti è più stretto.
Il cibo che nutre i vivi serve anche a "nutrire" i morti ( da qui l'abitudine di deporre viveri nelle sepolture). La loro memoria veniva celebrata attraverso i banchetti funebri, in cui si lasciava un posto vuoto, riservato al defunto.
Oltre che con i morti il cibo mette in comunicazione con le divinità.
L'esempio a noi più vicino è l'ostia della messa, attraverso la quale ci nutre di Dio.

Tra le forme rituali legate al cibo c'è il digiuno. Come è nata questa pratica?

La rinuncia del cibo è una forma di penitenza, ma anche di controllo e di uso del corpo e può assumere diversi significati. Il digiuno politico, per esempio, è una forma di protesta che utilizza il corpo come arma.
Il digiuno religioso, utilizza anch'esso il corpo come arma, ma con lo scopo di raggiungere un estasi ascetica ( rifiutare i piacere terreni).
Quanto all'origine di questa pratica usata già dagli sciamani primitivi e diffusa soprattutto nel Medioevo essa non ha alcune relazioni con la fame e le carestie frequenti in tale epoca, diversamente da quanto si potrebbe pensare.
Gli eremiti e i monaci sottolineano infatti che il digiuno deve essere una libera rinuncia, indipendente dalle risorse disponibili. Anzi è più apprezzato se compiuto in situazioni di abbondanza. I monaci medioevali ad esempio, accumulavano in tavola grandi quantità di cibo, per poi rifiutarlo.
"Che merito ci sarebbe a privarsi di qualcosa che non c'è"



Oggi qual'è il rapporto tra alimentazione e società?

La quantità di cibo servito in tavola è stata a lungo socialmente importante. Una tavola riccamente imbandita indicava potere e prestigio. Questo perchè il cibo era un problema per molti e averne amplia disponibilità era un privilegio. Inoltre mangiare molto era segno di forza, un antico attributo del potere.
La contrapposizione fame-abbondanza in Italia e altri paesi occidentali è rimasta viva fino a pochi decenni fa.
Oggi però, nei Paesi industrializzati sono i ricchi ad essere magri, mentre i "poveri" tendono all'obesità.
Nei paesi ad alto reddito, il simbolo si è rovesciato: l'abbondanza è a disposizione di quasi tutti e non è più sinonimo di privilegio sociale. Il ricco dei nostri giorni sottolinea il proprio Status attraverso il distacco ostentato dal cibo, con il "mangiar poco".
Nel mondo contemporaneo sta sparendo l'idea che il tipo di alimentazione indichi la " qualità sociale delle persone". La società industriale promuove, infatti, l'idea del cibo per tutti, cosi da poter vendere i proprio prodotti alimentari al maggior numero di persone disponibili.

La novità principale dell'età contemporanea è il binomio cibo-identità territoriale, che non era conosciuto in passato. Associare un modo di mangiare ad un determinato territorio e alla sua popolazione ( ad esempio, le ricette a base di soia e l'uso delle bachette individuano la popolazione asiatica), vuol dire comprendere tutte le classi di quell'area, mettendo in secondo piano le differenze sociali.

 Quali sono invece i riti alimentari del nostro tempo?

Sono davvero tanti, dall'ormai storico fast-food al ristorante di lusso, dai rituali delle diete alle mode gastronomiche. A parte le diete però, sono tutti accomunati dalla convivialità, cioè dal fatto di compiersi in gruppo , dal "mangiare insieme".
L'uomo è un animale sociale e ama condividere con i suoi simili il momento del pasto. Per questo ogni gesto del nutrirsi è in realtà una forma di comunicazione.
Il pasto in comune sia esso un pranzo nunziale o un semplice aperitivo, segna ancora oggi l'identità e l'esclusionce, l'appartenenza ad una comunità e i rapportio di forza e potere al suo interno, le identità economiche, religiose e ideologiche.

Approfondimenti:
Seminario I Rituali del Cibo


venerdì 24 febbraio 2012

SAPER MANGIARE

Nei primi mesi di vita, mangiare bene non è un problema, basta succhiare il seno materno per ricevere un liquido tiepido, dolce e assolutamente perfetto per nutrire il nostro organismo.
Dopo, quando la natura non ci assiste più, per sapere cosa mangiare dobbiamo provvedere con la cultura.
Al contrario degli animali, che nella scelta del cibo sono guidati da un istinto reso infallibile da una lunga evoluzione, noi siamo costretti a fidarci delle tradizioni nazionali, di quello che ci preparava la mamma da bambini, dei nostri gusti, dei consigli degli amici o delle suggestioni della pubblicità.
Poter pensare e poterci raccontare tutto quello che ci viene in mente ci ha dato un enorme vantaggio sugli altri animali con i quali condividiamo il pianeta; ma non a tavola.
A complicare le cose ci sono poi gli odori, i colori, i sapori dei cibi, ma anche gli strani significati di cui li abbiamo rivestiti e che nulla hanno a che fare con le caratteristiche nutritive, cioè con il loro contenuto di grassi, di proteine, di carboidrati, di sali minerali e vitamine che sono l'unica cosa che interessa al nostro organismo. Solo a noi tra milioni di specie di animali, potrebbe venire in mente di considerare un alimento "di lusso" o "da poveri", "di moda" o "superato", "purificatore" o addirittura "afrodisiaco".
Ogni tipo di alimentazione dipende quindi dalla geografia, ma è soprattutto figlio del suo tempo. Il latte materno è rimasto uno dei pochi alimenti che abbiamo conservato in comune con i nostri bisnonni.

L'importanza dell'alimetazione cresce almeno quanto cresce l'attenzione verso il nostro corpo e la salute. Il cibo assume un ruolo significativo nella nostra società, nella nostra vita.
"Food is always the answer" - il cibo è sempre la risposta, per riassumere il messaggio simbolico circa il ruolo del cibo nella nostra società.
Saper mangiare è una cultura basata principalmente sulle tradizioni, affiancate però da sani e corretti principi del "Mangiar bene e sano".

"Gli animali si nutrono, l'uomo mangia e solo l'uomo intelligente sa mangiare"
Brillat-Savarin (1755-1826), scrittore francese

GASTRONOMIA ???

"La Gastronomia è la conoscenza ragionata di tutto ciò che si riferisce all'uomo in quanto essere che si nutre"

"Che cosa è il cibo? Non è soltanto una collezione di prodotti. E' anche nello stesso tempo un sistema di comunicazione, un corpo di immagini, un protocollo di usi, di situazioni, di comportamenti"

"Il cibo? Barometro del nostro benessere fisico e psichico"


Benvenuti in questo blog di apporfondimenti, curiosità e informazioni scientifiche, tecniche e passionali "around the food"


Buona lettura e coinvolgimento